L’Osservatore Bipolare stasera è più fuori di testa del solito e vi offre le sue considerazioni sulla felicità, la vita, l’universo e tutto quanto. Ogni tanto ci sta.

felicità e vivere intensamente
Non lo so perchè questa immagine. A Hemingway piacerebbe, forse.

Tornare a casa ascoltando We Will Kill Them All dei Rotersand suonando tasti immaginari di pianoforte, lasciandosi andare alla musica e cantando sommessamente tra le labbra.
Stasera l’Osservatore Bipolare è stato in trasferta al pub, a spaccarsi di birra, ascoltare la musica e delirare sul senso della vita e il futuro dell’umanità.

Un’Alba Pine, grazie, quella birra che ha un leggero sentore di aghi di pino, un gusto un po’ autunnale forse fuori posto con la primavera alle porte, ma chi se ne frega.
Stasera il discorso tette, culi e sesso è passato un po’ in secondo piano. Ed è strano pensandoci bene. Ma a volte tra un sorso e una boccata di fumo – vapore, ma vabbè – vengono fuori cose un po’ più complesse.

Come il valore creativo del dolore, ad esempio. Fateci caso, le cose migliori vengono fuori dai momenti peggiori, le canzoni migliori, le parole più belle, i deliri più assurdi vi affiorano alla mente facilmente e senza uno sforzo cosciente quando le cose vanno di merda.

E allora mi sono fatto una domanda: potendo scegliere tra il genio e la felicità cosa sceglierei? Sembra un interrogativo stupido, la felicità è il bene supremo in fondo, quello che non si acquisisce in vista di un altro bene superiore.
Quindi chissenefrega del genio – ammesso che uno possa averlo, non sto certo parlando di me – la felicità è la cosa più importante.

Cosa è la felicità?
Cosa è la felicità?

 

E allora perchè penso a queste cose? Kurt Kobain ed Hemingway che si sparano in bocca, Van Gogh che si taglia un orecchio, Georg Trakl – il mio poeta preferito – che si suicida con un’overdose.
Gente che ha fatto grandi cose, che ha scritto pagine meravigliose, canzoni che rimangono nella storia e quadri che a distanza di secoli ci colpiscono ancora per la loro forza espressiva.

Forse essere davvero felici non conta e quello che conta è vivere intensamente, e vivere intensamente significa provare grandi dolori, incontrollabile esaltazione, ballare attorno alla linea che separa l’euforia dall’abisso.
Vivere intensamente significa essere incoscienti, in fondo.

Forse la chiave è lì, e le cose in questo modo sono ancora più complicate: la felicità può essere tradotta in una serie di obiettivi da raggiungere. Magari obiettivi difficili ma in vista dei quali si può lavorare.
Vivere intensamente è una cosa che devi rinnovare di giorno in giorno, senza risparmiarti, senza pensare a cosa e quando e come.

Di solito però, come mi facevano acutamente notare mentre sorseggiavo la mia Alba Pine, non è una scelta.
In fondo la differenza sta tutta lì: pianificare la vita o viverla. E la differenza tra chi pianifica la vita e chi la vive sarà scritta da qualche parte nel dna, o nel nostro passato, o nella chimica del nostro cervello o chissà dove.
E non poter scegliere è consolante perchè solleva da una responsabilità, ma è drammatico perchè siamo schiavi di forze al di sopra di noi.
O forse no. Non lo so.

E alla fine ti trovi a tornare a casa canticchiando un po’ sfatto, un po’ felice e un po’ disperato e ti senti metà dio metà spazzatura. Che casino.

Buonanotte bipolari, vi lascio questa stupenda ninnananna che non c’entra un cazzo con quello che ho detto fino ad ora ma che è stupenda.
Non risparmiatevi.

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Ps: l’Osservatore Bipolare pensa al domani con ottimismo e terrore. Se mettete mi piace alla pagina fb potrebbe capitare – non si sa mai – che quando scopriremo il senso della vita voi sarete tra i primi a ricevere la notizia. Ciao.