Le pressioni della LAV hanno impedito una raccolta fondi per la ricerca contro la sindrome di Rett. L’Osservatore Bipolare vi racconta cosa ne pensa della sperimentazione animale e di chi vorrebbe sopprimerla.

caterina sperimentazione animale
Ve la ricordate vero? Pregasi leggere i commenti a sinistra. Sopratutto il penultimo.

Qualche tempo fa avevo pensato di scrivere un articolo sul caso di Caterina Simonsen, la ragazza affetta da ben cinque malattie rare che aveva registrato un appello video in difesa della sperimentazione animale e di Telethon.
Ricevendo, accanto a tanta solidarietà, anche una sequela irripetibile di minacce e insulti da parte di animalisti e organizzazioni anti-vivisezione.
Poi quell’articolo non l’ho scritto perchè era passato troppo tempo e allora l’Osservatore Bipolare non esisteva nemmeno, confidando però che prima o poi animalisti e associazioni varie si sarebbero lasciate andare nuovamente ai loro deliri, dandomi l’occasione di parlarne.

E infatti è successo.
E’ successo a Busto Arsizio qualche giorno fa. L’occasione è stata una partita di pallaqualcosa tra due squadre locali con annessa lotteria per raccogliere fondi in favore della ricerca sulla sindrome di Rett.
Quelli della LAV (la lega anti vivisezione) hanno fatto pressioni e avviato una campagna diffamatoria nei confronti della manifestazione, invitando a boicottarla. E hanno vinto.
Niente lotteria, niente soldi per la ricerca.

Voglio soprassedere sul danno concreto che questi “amanti degli animali” hanno causato, perchè quello che mi interessa è capire da dove nascano le loro concezioni etiche e che cosa implichino in termini pratici.

Una delle posizioni più diffuse in ambito animalista sostiene che ci siano delle tecniche di sperimentazione che non coinvolgono gli animali e che dovrebbero essere usate come sostituzione della – cosiddetta – vivisezione.

Un esempio è la sperimentazione sui tessuti e sulle colture.
Questo metodo è utile per verificare come varie molecole interagiscono con le cellule che costituiscono il loro “bersaglio”, ma non ci dice nulla sugli effetti sistemici sull’organismo che queste molecole comportano. Non ci dice cioè se nel frattempo il paziente ha subito danni, magari anche peggiori della malattia che volevamo curare.

Queste tecniche sono in uso già adesso, anche perchè sperimentare sui tessuti e le colture, a differenza di quello che gli animalisti sostengono, è meno costoso che sperimentare sugli animali.
Un’eliminazione totale della sperimentazione animale però porterebbe alla fase successiva – quella della sperimentazione sull’uomo – una marea di farmaci di cui non si conoscono gli effetti sistemici. E che quindi potrebbero essere inutili o anche dannosi.
Gli animalisti lo sanno, basta documentarsi del resto.
Tuttavia continuano a sostenere le loro posizioni.

manifestazione contro la sperimentazione animale
manifestazione contro la sperimentazione animale

Penso che la causa di ciò sia una distorsione del giudizio, dovuta a un modo di ragionare che si basa esclusivamente sull’emotività.
La sperimentazione animale permette di salvare una quantità maggiore di vite umane, al prezzo della deliberata uccisione di un certo numero di animali.
Di contro l’eliminazione della sperimentazione animale porterebbe a una maggior perdita di vite umane, che diventerebbe il prezzo della salvezza degli animali.

Nel primo caso però la soppressione di un animale è un’atto deliberato, per cui la percezione del sentimento di colpa è chiara e netta: il ricercatore uccide deliberatamente degli animali, per condurre la ricerca.

Nel secondo caso la gente che muore a causa di farmaci inefficaci o dannosi muore come conseguenza di non aver sperimentato sugli animali prima, muore per colpa di chi ha impedito la sperimentazione, anche se chi ha impedito la sperimentazione non lo percepisce perchè non è andato ad ammazzarlo direttamente nel letto.

Per cui nel primo caso la percezione della colpa è molto più forte che nel secondo: il primo è un omicidio intenzionale (di animali), il secondo è un omicidio colposo (di persone). In altre parole a livello emotivo uccidere degli animali per la ricerca è più grave di lasciare che delle persone muoiano per aver voluto risparmiare degli animali.

A livello razionale però sia nel primo caso che nel secondo ho ucciso, anche considerando animali e uomini su un piano di assoluta parità. La scelta non è tra uccidere degli animali o non uccidere nessuno, ma tra uccidere degli animali e uccidere delle persone.

E di fronte a questa scelta gli animalisti preferiscono uccidere delle persone, nell’illusione che quei morti non siano sulla loro coscienza perchè ad ucciderli sono state le malattie, o il caso.

Sono cioè dei vigliacchi che preferiscono che la gente muoia piuttosto che assumersi la responsabilità e il peso emotivo di sostenere la ricerca, con le inevitabili pratiche cruente che essa comporta.

Potete trovare tutti i dettagli sui fatti di Busto Arsizio in questo articolo.

PRO sperimentazione animale: è indispensabile, che vi piaccia o no
CONTRO sperimentazione animale: è costosa sia in termini monetari che sopratutto in termini etici. Purtroppo non abbiamo di meglio.

Ps: L’Osservatore Bipolare è aperto alla discussione su qualsiasi tema etico o scientifico, ma deve anche pagare le bollette della luce e del gas, per cui vi chiede di fare una scelta etica, nonchè di piacere la sua pagina fb.

3 Responses

  1. Devo scrivere velocemente anceh se vorrei scegliere meglio le parole..
    Il concetto comunque è semplice:
    Il numero di umani sul pianeta è triplicato nel corso degli ultimi decenni e quello degli animali (se non contiamo quelli negli alevamenti, sia chiaro) direi che è in netta diminuzione.
    Lo so è una questione di cinismo più che di animalismo, ma davvero sarei molto più rincuorato se quelli che difendono la sperimentazione animale facessero qualcosa per fare in modo che le persone al mondo abbiano tutte pari opportunità e dignità di vivere la propria vita (vedi terzo mondo) piuttosto che si schierino dalla parte della paura di non vivere in eterno..

    Marco

  2. Ciao Marco.
    Non posso darti torto, ma penso che la ricerca medica sia proprio uno dei modi per “fare in modo che le persone al mondo abbiano tutte pari opportunità e dignità di vivere la propria vita”, come dici tu.
    Bisogna distinguere l’aspetto metodologico e scientifico di cui si parla nell’articolo (in questo caso la sperimentazione animale) dal comportamento spesso cinico e privo di scrupoli delle case farmaceutiche e delle istituzioni politiche ed economiche.
    Il problema che sollevi tu è rilevante e lo condivido in pieno, ma è essenzialmente un problema politico, mentre il dibattito sulla sperimentazione animale è un problema scientifico. Si tratta di due cose diverse, anche se necessariamente collegate.
    Grazie per aver proposto questa riflessione 😉

  3. Osservazione estremamente interessante, dopo anni contrari alla ricerca a me personalmente ha dato un enorme spunto di riflessione ed introspezione, ma devo ammettere che alla base del pensiero di tutti gli animalisti che ho incontrato finora (non una moltitudine devo dire, saranno forse qualche decina) non c’era “l’illusione che quei morti non siano sulla loro coscienza perchè ad ucciderli sono state le malattie, o il caso”, quanto piuttosto molta consapevolezza del peso estremo delle loro convinzioni. Forse perche’ quasi tutti appartenevano al movimento antispecista, ma il loro punto di vista generale mi e’ sembrato essere che sarebbe piu’ etico see per malattie di persone morissero persone, cosi come per malattie di animali muoiono animali, anziche’ morire tutti per noi. Vero e’ che dal punto di vista evolutivo siamo una specie dominante, e che altre specie se potessero probabilmente sperimenterebbero a loro volta su di noi, ma questo rende il dialogo non piu’ scientifico, ne’ politico, ne’ etico, ma esclusivamente di sensibilita’ personale di fronte alla responsabilita’ di far parte di una specie onnipotente sulle altre. Forse la strada migliore sarebbe smettere di recriminarsi l’un l’altro le proprie posizioni ed accettare che siamo 7 miliardi di persone diverse con diverse sensibilita’, nessuna davvero piu’ giusta delle altre, e che forse se ci trovassimo al posto dell’altro faremmo in fondo le sue stesse scelte.