Il nuovo album degli Ostara arriva dopo cinque anni di silenzio. Ed è un capolavoro.

ostara paradise down south copertina
Ostara – Paradise Down South

Per chi segue gli Ostara l’uscita di un nuovo album è sempre un po’ un’incognita: nella sua lunga carriera artistica la strana creatura di Richard Levy si è evoluta in modo poco prevedibile, passando dal neofolk alla Death in June dei primi album (quando ancora si chiamavo Strenght Through Joy), dal dark rock di Immaculate Destruction fino al folk-pop del penultimo album The Only Solace.

Io personalmente sono felice del fatto che Paradise Down South continui il discorso dell’album precedente.
Quello che troverete in questo cd sono dodici brani di orecchiabilissimo ed essenziale folk-pop, in cui a dominare la scena rimangono quasi esclusivamente la chitarra acustica e la voce cristallina e pulita di Richard Levy.

Sono anche convinto che quest’ultimo disco sia il lavoro migliore degli Ostara, almeno visto complessivamente: non c’è nessuna caduta di tono, nessun momento di incertezza o di noia. Dodici (in realtà tredici, ma l’ultimo pezzo è una specie di bonus track e diciamo che fa un po’ storia a se) semplici e bellissime canzoni che vi ritroverete a canticchiare – o cantare a squarciagola nel mio caso, almeno quando sono da solo – imparandole quasi a memoria, perchè questo è uno di quei cd che ascolterete in loop per mesi.

Le melodie afferrano alla gola ed entrano in testa per non uscire più tanto facilmente. Eppure, a differenza di quello che capita spesso con la musica “facile” da ascoltare questo album non annoia nemmeno dopo tanti ascolti, perchè i livelli di lettura sono molteplici e la bellezza delle melodie è semplicemente disarmante.

Richard levy Ostara
Richard Levy, la mente dietro il progetto Ostara

“Semplice” infatti non significa “banale”, perchè anche se nel tempo la musica degli Ostara si è evoluta verso il pop la base concettuale e sonora è rimasta comunque fedele alle origini: i testi ad esempio rimangono in gran parte difficili da decifrare, pieni di riferimenti storici e mistici e pervasi da un pessimismo di fondo.

Temi come la decadenza del mondo occidentale, il confronto tra l’idealismo e la realtà delle cose, la voglia di rivoluzione e l’amara constatazione che le rivoluzioni passate sono in qualche modo fallite sono da sempre care alla band e le ritroviamo anche in Paradise Down South, anche se le dobbiamo cercare e decodificare dal caleidoscopio di immagini che costituisce i testi dell’album.

Credevo di trovare un paradiso là fuori a ovest
ma mi sono imbarcato nella tempesta
era una visione e un sogno, era la visione di un inganno
credevo di averlo visto ma ero cieco

Forse è proprio per questo essere difficilmente classificabili e comprensibili, oltre che per l’appartenenza ad una scena (quella neofolk) che è decisamente underground, che gli Ostara non riempiono gli stadi. Ma va bene così.

Vi lascio con Black Hole of Light, uno dei pezzi migliori di tutto il disco:

[sz-youtube url=”https://www.youtube.com/watch?v=AVLLjoiVDIM” /]

PRO Paradise Down South: il miglior album degli ostara
CONTRO Paradise Down South: spero che per il prossimo album non ci vorranno altri cinque anni

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