Federico Faggin, inventore del microchip, ha recentemente dichiarato che creare delle macchine coscienti è impossibile. Vi raccontiamo cosa ne pensiamo.

Devo ammetterlo, fino ad oggi per me Federico Faggin era un illustre sconosciuto, come forse lo è per la maggior parte di voi.
Eppure si tratta di una persona che ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del “cervello” che sta alla base del funzionamento dei moderni computer: il microchip.

 

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Mica un Deepak Chopra qualsiasi, va.

In questi giorni, comunque, sta girando un video in cui Faggin prende una posizione molto netta – e controcorrente – sull’intelligenza artificiale e la possibilità di costruire macchine dotate di consapevolezza e sentimenti.
Faggin sostiene, per dirla brevemente, che si tratta di una cosa impossibile.

La notizia è stata ripresa dall’ansa, da avvenire, da repubblica e da molte altre testate, segno del fatto che l’argomento ha destato un grande interesse.

Tuttavia le dichiarazioni di Faggin suscitano parecchi dubbi, e sono dubbi non di poco conto.

In primo luogo non è ben chiaro che cosa voglia dire, dato che le sue parole possono essere lette essenzialmente in due modi diversi:

A) I computer come li conosciamo oggi non avranno mai una coscienza. Poichè i meccanismi che determinano la coscienza rimangono un mistero, non c’è motivo di essere ottimisti sul fatto che un giorno riusciremo a costruire macchine consapevoli (qui uso “consapevole” e “cosciente” come sinonimi, per non essere ripetitivo). Inoltre, se mai vi riusciremo, sarà con una macchina che ha poco o nulla in comune con un computer tradizionale.

B) Nessuna macchina avrà mai una coscienza, è ontologicamente impossibile, in linea di principio.

Ora, le due affermazioni appaiono simili, tuttavia sono molto differenti, perchè A è una previsione di tipo scientifico mentre B è un’affermazione di tipo filosofico.

Sulla prima affermazione non ho nulla da obiettare: è possibile in effetti che non riusciremo mai a capire in che modo funziona la coscienza, e quindi anche che le nostre tanto fantasticate macchine coscienti non saranno mai costruite.

Da questo punto di vista la ricerca di Faggin avrebbe un grande valore, perchè se riuscisse a dimostrare che l’attuale architettura dei computer è incompatibile con la coscienza vorrà dire che abbiamo imboccato un vicolo cieco. E che la progettazione di macchine dotate di consapevolezza di sè debba prendere una strada del tutto diversa – posto che sia auspicabile costruirne.

La seconda affermazione, invece, la trovo molto difficile da giustificare.
Per essere più precisi secondo me è impossibile sostenere l’affermazione B senza (s)cadere nella metafisica, che sarebbe l’equivalente filosofico di un maxi tamponamento sulla Salerno – Reggio Calabria.

faggin
Occhi sulla strada, mi raccomando.

Spiegare perchè non è facile, però.

L’idea della possibilità di macchine coscienti è legata alla concezione secondo la quale la coscienza stessa sia una proprietà emergente (Faggin nel video usa il termine epifenomeno, che è lo stesso concetto con qualche sfumatura di significato differente) del cervello.
Emergente nel senso che i neuroni che compongono il cervello non sono, presi singolarmente, consapevoli della loro esistenza. La coscienza emerge soltanto quando essi si organizzano secondo una determinata architettura e svolgono determinate funzioni: c’è qualcosa nell’organizzazione delle cellule cerebrali che determina l’insorgere di quella che chiamiamo coscienza. Qualcosa che noi ancora non comprendiamo.

Tuttavia se le cellule nervose organizzate secondo un determinato schema (il cervello umano e forse quello di alcuni animali) possono produrre una coscienza, qualsiasi sistema fisico equivalente – cioè che faccia le stesse cose nello stesso modo – produrrà a sua volta una coscienza.

Da qui la conclusione che in linea di principio delle macchine coscienti sono possibili.

Di più, se c’è almeno una organizzazione della materia in grado di produrre una coscienza, potrebbe anche essercene più di una. Le ipotetiche macchine coscienti potrebbero essere molto diverse dal cervello umano.

Questa idea deve la sua fortuna al fatto che ogni altra possibilità ci porta inevitabilmente a dover postulare l’esistenza di qualcosa di meta-fisico (spirituale si potrebbe dire, per i non addetti ai lavori) che giustifichi la coscienza: se la coscienza non dipende dalla materia o dalla sua organizzazione, per esclusione essa dipenderebbe da qualcos’altro, qualcos’altro che deve per forza essere non-materiale, quindi non-fisico e quindi meta-fisico.

Ovvero le vecchie cazzate sull’anima con l’alettone tuning e i neon blu sotto il pianale.

Però voglio lasciare una porta aperta, perchè penso che uno come Faggin non sia così sprovveduto da cadere in un errore così grossolano, tanto più che nelle sue dichiarazioni si è mostrato estremamente cauto.
Quindi ben vengano le sue ricerche: se Faggin riuscisse a tirar fuori una teoria della coscienza che sia contemporaneamente non-fisica e non-metafisica (il che a me sembra impossibile, ma io non ho inventato il microchip) tutto il dibattito sull’argomento potrebbe ricevere una scossa non indifferente.

 

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